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UEPE Trentino al collasso: Due assistenti sociali per 1300 casi


L'Ufficio per l'esecuzione penale esterna di Trento è al collasso. Oltre a un direttore delegato, vi operano infatti solo 4 assistenti sociali, due dei quali con contratto part time al 55% e al 33%: praticamente, l'equivalente di 2,8 lavoratori a tempo pieno.


Gli interventi da gestire, sull'intero territorio provinciale, sono oltre 1.300 l’anno; il numero di utenti seguiti da un dipendente full time raggiunge, pertanto, circa le 500 unità. Patologie sempre più diffuse, causate da uno stress lavorativo altissimo, affliggono una dotazione organica allo stremo che, questo l'allarme più forte, rischia di non riuscire più a garantire un servizio appropriato. «Una dotazione adeguata dovrebbe prevedere almeno 12 assistenti sociali», spiega Luigi Diaspro della Fp Cgil del Trentino.


Gli Uepe sono emanazioni periferiche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia. Si occupano di trattamento socio-educativo delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà, per favorire il reinserimento sociale di chi ha subito una condanna definitiva; svolgono le indagini socio-familiari per l'applicazione delle misure alternative alla detenzione; propongono all'autorità giudiziaria il programma di trattamento per i condannati che chiedono di essere ammessi all'affidamento in prova e alla detenzione domiciliare; controllano l'esecuzione dei programmi da parte degli ammessi alle misure alternative; prestano consulenza per favorire il buon esito del trattamento penitenziario.


«Da molti anni - spiega Diaspro - si registra una situazione di emergenza per l’aumento delle misure alternative non compensata da un incremento del personale, che anzi si è ridotto vertiginosamente. L'introduzione della legge sulla messa alla prova (n. 67/2014) ha fatto esplodere la situazione. Nata per decongestionare il lavoro dei tribunali, questa norma ha semplicemente scaricato il problema sugli Uepe, che non possono materialmente gestire l'aumentato carico di lavoro.


Il personale non solo è insufficiente, ma deve operare su tutto il territorio provinciale, dunque anche con lunghe trasferte. Negli ultimi mesi si è assistito a un incremento dei problemi di salute degli assistenti sociali: ricordiamo che si tratta di un mestiere non facile, dove è necessario disporre di tempo adeguato, di capacità professionali e progettuali, di motivazione e risorse psicologiche. Gli operatori hanno a che fare con persone, non con pratiche burocratiche: persone che spesso hanno importanti difficoltà e disagio».


È proprio la tutela della salute e della sicurezza - che costituisce un preciso obbligo giuridico del datore di lavoro - il primo punto sottolineato nell’ennesima nota inviata da Luigi Diaspro, con la richiesta di un’immediata indagine sulla valutazione dello stress lavoro-correlato.


Al momento, l'ufficio di Trento sta cercando con ogni energia di portare avanti il proprio lavoro ma, sostiene ancora Diaspro, «si è ormai sull'orlo del collasso. L'Uepe di Trento è tra quelli che più di tutti, in Italia, ha dovuto far fronte a un incremento di lavoro, certamente ha il primato nel Triveneto. La responsabilità di tale situazione, che non consente più il rispetto di termini e scadenze, non può più ricadere sugli operatori, ed è per questo che, come secondo punto, la Fp Cgil ha richiesto di assumere con urgenza le necessarie direttive per adeguare le risorse ai maggiori carichi di lavoro e per l’individuazione delle priorità delle attività, in quanto non è più materialmente possibile far fronte all’intero carico di lavoro».


Con quest’ennesima lettera, che fa seguito a una lunga e per ora inascoltata serie di allarmi, Fp Cgil ha informato nuovamente della situazione il Ministero della giustizia, a livello centrale e periferico, nonché l’Ordine regionale degli assistenti sociali e i vari referenti istituzionali locali.


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