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Contributo della CGIL all'audizione -tavolo 15 Stati Generali dell'Esecuzione penale


QUESITI DI INTERESSE per Tavolo 15 Stati generali Esecuzione penale


1) Quali sono, a vostro giudizio, le maggiori problematiche che hanno attualmente un'incidenza negativa nei confronti del personale penitenziario ?

Rileviamo tra il personale la diffusa percezione che il proprio lavoro, le proprie peculiari competenze siano sminuite dai propri dirigenti/superiori gerarchici, dai professionisti delle altre aree, dalla "politica" e dalla società civile. Questa percezione negli ultimi anni ci risulta essere trasversale a tutte le aree e a tutti i ruoli professionali e ha determinato tra il personale penitenziario un forte malessere ed una evidente frustrazione professionale ed operativa. Tale situazione di effettivo disagio comporta necessariamente alcune riflessioni, spesso oggetto di discussione tra gli stessi operatori per trovare una appropriata motivazione a tale stato di insoddisfazione che è divenuta fortemente critica a quarant'anni dalla riforma del nuovo OP L354/75, che prevedeva nuove professionalità e nuovi interventi operativi finalizzati a rendere il sistema detentivo in linea con il dettato costituzionale, e a venti anni da quella organizzativa del ’90 con la smilitarizzazione del Corpo degli allora agenti di Custodia.Riforme che, coinvolgendo tutti gli attori del sistema penitenziario nel raggiungimento di un unico obiettivo istituzionale, lasciavano ben sperare nella crescita culturale del sistema e professionale del suo personale. Nell'ultimo decennio, il sistema si è paralizzato, l'assetto organizzativo ed amministrativo non è stato più in grado di leggere a tutto campo i bisogni del contesto e del suo personale né di proporre interventi che coinvolgessero in maniera equa le diverse professionalità ad esso afferenti e, adottando discutibiliinterventi su una professionalità piuttosto che su altra, ha finito per avviare un profondo solco operativo, funzionale ed economico tra le diverse professioni . Si è assistito nel tempo ad una vera e propria regressione culturale ed organizzativa del sistema dell'esecuzione penale che oltre a perdere di vista il suo mandato, la propria identità, ha gestito in maniera miope il proprio personale considerato non come risorsa da valorizzare ma, più o meno consapevolmente e con la formula del dividi et impera, ha trascurato per ciascuna delle professionalità il riconoscimento delle peculiarità operative ed il valore esperienziale acquisito nel contesto In tutte le sue articolazioni, il sistema organizzativo viene giudicato dal personale pronto a sanzionare negativamente (e spesso sproporzionatamente) le inadempienze, ma non altrettanto pronto a conferire riconoscimenti inerenti alla qualità dell'azione professionale esercitata, affidata alle competenze e alla discrezionalità dei singoli. Per i lavoratori del Comparto Ministeri, in particolare, anche il mancato investimento sull'adeguamento degli organici, (enunciato come indispensabile a supportare gli ultimi recenti interventi normativi in materia di esecuzione della pena e poi scomparso in virtù del dogma sull'invarianza della spesa) e la previsione di misure volte a consentire pari opportunità di sviluppo di carriera vengono letti dal personale come la prova regina dell'indifferenza di tutto il sistema politico ed organizzativo verso il proprio lavoro. L'esigenza, quindi, che evidenziamo tra il personale, cercando di leggere laicamente il motivo del forte disagio, è quella di trovare forme di riconoscimento professionale adeguate, di una fattiva partecipazione nella definizione e attuazione delle scelte organizzative che si vanno ad intraprendere che necessariamente implicano anche crescita professionale ed economica. Altro aspetto fondamentale riguarda l'adeguata progressione in carriera del personale di Polizia Penitenziaria. A parere della FP CGIL è necessario apportare le modifiche normative che consentano il riallineamento di tutti i ruoli della Polizia Penitenziaria con i corrispondenti ruoli della Polizia di Stato, mediante l'espresso riferimento alle qualifiche dei ruoli dei commissari, degli ispettori e dei sovrintendenti attualmente disallineati. Contemporaneamente si dovrà procedere all'unificazione, in un unico ruolo, dei due attuali ruoli degli agenti e dei sovrintendenti, nonché, nella fase transitoria, alla valorizzazione del personale già inquadrato negli attuali ruoli dei sovrintendenti e degli ispettori. Si ritiene fondamentale, inoltre, avviare una campagna mediatica volta a raccontare alla società civile l'importanza del ruolo della Polizia Penitenziaria, spesso denigrata dai media che tendono ad enfatizzare solo le vicende negative che si verificano negli istituti penitenziari, e ad evidenziare le capacità professionali di quel personale che è quotidianamente impegnato nel portare avanti il difficile compito attribuitogli dal mandato costituzionale. Da non sottovalutare, infine, il senso di smarrimento che si prova nel lavorare oggi con la consapevolezza di andare in pensione un domani senza avere un'adeguata remunerazione. In tal senso il mancato avvio della previdenza complementare anche per il comparto sicurezza ha giocato un ruolo determinante.


2) Quali sono le innovazioni che possono concretamente migliorare la condizione lavorativa, lo status e le opportunità di carriera del personale penitenziario ?

Come già enunciato in precedenza, affinché l'apporto professionale di ciascun operatore penitenziario sia riconosciuto nel contesto lavorativo dalle altre professionalità, con le quali interagisce nell'agito quotidiano, dalla politica e dalla società civile e per rendere migliore la sua condizione lavorativa, occorre che il governo e l'amministrazione penitenziaria rappresentino al Parlamento che per perseguire gli obiettivi di efficientamento del sistema "giustizia" e di adeguamento alle richieste della CEDU è indispensabile contemplare:

 che una adeguata quota del Fondo Unico Giustizia venga impiegata per dotare i due Dipartimenti interessati dal mutamento delle politiche penali e penitenziarie di quanto indispensabile ad assicurare il perseguimento degli obiettivi assegnati

; che vengano reperite le risorse per adeguare gli organici di tutto il personale, con particolare attenzione a quello dell'istituendo dipartimento della Giustizia Minorile e di comunità. Per questi motivi è necessario derogare ai vincoli posti in materia di limiti del turn over dei lavoratori del pubblico impiego. è indispensabile introdurre forme di sviluppo professionale e di carriera per tutti i lavoratori per migliorarne lo status . Le misure sopra menzionate devono essere precedute e accompagnate da un forte e non estemporaneo investimento in tutte le articolazioni delle amministrazioni interessate nella direzione della valorizzazione delle competenze di tutti i ruoli professionali rispetto alla definizione di quanto può influenzare la qualità della quotidianità operativa e soprattutto la qualità del servizio reso alla collettività, riconducendo le prassi operative negli ambiti di un modello organizzativo decentrato, rispondente all'esigenza di territorializzare la pena e la sua esecuzione. La grave carenza di organico che affligge i lavoratori del sistema della esecuzione penale porta ad un eccessivo ricorso al lavoro straordinario che insieme alle difficoltose condizioni ambientali lavorative crea situazioni di forte stress da lavoro correlato. Andrebbe a nostro avviso affrontato il problema monitorandolo in sede centrale e periferica nonché avvalendosi di figure specializzate che possano fare adeguate valutazioni sullo status e migliore le condizioni personali e di lavoro.


3) Ritenete utile che l'attuale processo riformatore debba limitarsi ad intervenire sui singoli aspetti riguardanti le singole categorie professionali ovvero dar luogo ad un'azione riformatrice che istituisca un nuovo Corpo di Giustizia ?

La eventuale istituzione di un nuovo Corpo di giustizia non terrebbe conto della storia che investì il sistema penitenziario negli anni '70 e ‘80 fatta di rimostranze e lotte dei detenuti che rivendicavano un sistema detentivo rispettoso dei diritti, più umano, e soprattutto in linea con i principi costituzionali; una storia fatta diinterventi normativi rivoluzionari.

Ravvisiamo infatti in questa proposta una sorta di revisionismo della storia penitenziaria, degli operatori afferenti al sistema penitenziario e del loro mandato quasi a volerne giustificare il contenuto. Ci sconcerta, infatti, constatare che il pensiero ispiratore della proposta elaborata e condivisa dai componenti il tavolo è quello secondo cui una maggiore credibilità ed affidabilità del sistema dell'esecuzione penale e delle sanzioni di comunità passi necessariamente attraverso la conversione del sistema stesso in un sistema di polizia, in cui tutti i ruoli professionali siano accomunati dall'appartenenza al Corpo. L'ipotesi che tutto il personale, o meglio tutte le professionalità penitenziarie afferenti al comparto ministeri debbano transitare nei ruoli della polizia penitenziaria, seppure nei ruoli cosiddetti "tecnici", non ci convince affatto e comporta necessariamente una profonda riflessione politica sulla consapevolezza che la sicurezza possa prevalere sul trattamento e sull'aspetto rieducativo della pena. In tal senso, a differenza di quanto affermato dal tavolo 15 nel rapporto di medio termine, verrebbe meno il mandato istituzionale affidato al sistema penitenziario. Infatti la funzione trattamentale e rieducativa della pena che caratterizza il compito istituzionale del sistema detentivo, affidata dalla normativa di riferimento a professionalità peculiari e "specialistiche" (educatore, ass. sociali, esperti ex art.80), nel disegno di creazione di una "polizia ad alta specializzazione", risulterebbe marginale alla funzione securitaria e, gioco forza, l'intero sistema perderebbe quel valore di esclusività e di peculiarità che lo caratterizza. La funzione esclusiva del mandato istituzionale cui oggi tende il sistema penitenziario diventerebbe, infatti, una parte peculiare dell'attività di polizia rischiando di fondere, in maniera scorretta, di fatto la parte 'contenitiva' e di 'controllo', della quale sono titolari ad oggi le forze dell'ordine della polizia penitenziaria, e quella rieducativa - trattamentale delle altre professionalità e più specificatamente dell'educatore e dell'assistente sociale. In pratica la funzione rieducativa della pena, di cui all'art. 27 della Costituzione, diverrebbe una funzione specialistica di polizia. Una profonda e mortificante contraddizione dei termini che snatura, quindi, i principi costituzionali.L'educatore in particolare, del quale rifiutiamo la genesi come rappresentata nel rapporto a medio termine del tavolo 15, e con esso tutte le professionalità penitenziarie si troverebbero inseriti in una gerarchia militarizzata risultando l'anello debole della categoria (come tutti gli altri), in quanto poliziotti di serie B), e perderebbero quell'autonomia operativa e soprattutto professionale che caratterizza il loro ruolo e soprattutto la loro funzione istituzionale. D'altra parte crediamo invece necessario, una volta potenziati gli organici ed accresciuta la professionalità degli operatori penitenziari garantire e riconoscere loro l'autonomia professionale e l'ambito di competenza pur concorrendo in sinergia al medesimo mandato istituzionale. Inoltre la previsione che tali professionalità rifluiscano nel comparto della sicurezza, determinerebbe la perdita di diritti fondamentali come quello di sciopero, che infatti è negato alla polizia penitenziaria. D'altra parte la lettura delle raccomandazioni internazionali in materia costituisce fonte corroborante per il mantenimento di distinzioni ordinamentali fra il personale di polizia penitenziaria e quello delle altre categorie professionali.


4) Come giudicate lo stato di attuazione del nuovo modello di sorveglianza dinamica, con particolare riferimento alle problematiche concernenti il personale: quali criticità e quali possibili soluzioni?

Giudichiamo lo stato di attuazione del nuovo modello di sorveglianza dinamica disomogeneo sul territorio sia nazionale sia all'interno delle singole regioni e, in generale, arretrato rispetto alle opzioni che ne hanno giustificato l'introduzione in ragione di più elementi, il primo fra i quali è la carente attenzione (attestata anche dal testo della domanda cui si risponde) al suo dover essere anche "integrata", ovvero attenta all'apporto peculiare che ciascuno dei professionisti - interni ed esterni all'amministrazione penitenziaria - deve offrire per la diversa gestione della quotidianità dei reparti detentivi (il che richiama alla necessità di costruire diversi modelli gestionali fondati sulla promozione, valorizzazione e riconoscimento della partecipazione di tutte le componenti). Tale arretratezza è correlata, inoltre, allaincapacità del sistema globalmente inteso di rimodularsi sui nuovi obiettivi assegnati all'amministrazione penitenziaria, primo fra i quali quello di conferire alle persone detenute la competenza e la responsabilità di essere compartecipi del proprio processo di autonomizzazione e responsabilizzazione. In tal senso, esprimiamo un giudizio negativo su previsioni di "patti di responsabilità" che impegnino le sole persone detenute senza contemplare speculari responsabilità dell'amministrazione penitenziaria. Più in generale, reputiamo che non esistano soluzioni in grado di intervenire su tale aspetto senza intervenire contestualmente su quanto detto nelle risposte alle domande precedenti. Inoltre il DAP non ha messo in atto le linee guida che aveva dato sul tema. Innanzi tutto non si è agito per step, avviando il progetto nelle case a custodia attenuata e nelle case di reclusione di media sicurezza, ma si è proceduto d'urgenza. Non sono arrivati gli stanziamenti economici necessari per poter dotare le strutture di strumenti tecnici di ausilio per la sorveglianza. Non si è provveduto a trovare strumenti concreti che tendessero a deresponsabilizzare i Poliziotti Penitenziari in caso di eventi critici - erano previste tabelle di consegna, incidenti sul regolamento di servizio, che dovevano intervenire in tal senso, ma di cui non si ha notizia -. Non si è provveduto ad incrementare le dotazioni organiche del personale negli istituti penitenziari. Inoltre, si deve purtroppo constatare che aumentano di giorno in giorno gli episodi di aggressione al personale di Polizia Penitenziaria da parte di detenuti ristretti negli istituti del nostro Paese, lo stesso Capo del DAP ha posto l'attenzione su questo inquietante fenomeno, lanciando l'allarme poiché, a seguito di rilevazioni fatte dall'amministrazione centrale, eventi del genere risultano in aumento rispetto agli anni precedenti. Bisogna salvaguardare l'incolumità del personale con iniziative concrete, come la creazione di sezioni ex articolo 32 del Regolamento di Esecuzione, ove allocare quei detenuti non ancora pronti al regime aperto e, quindi, incompatibili con lo stesso.


5) Con quali modalità ritenete debba essere previsto il coinvolgimento della Polizia Penitenziaria nelle misure alternative (compresa la messa alla prova) extramurarie?

Se il processo di riorganizzazione del Ministero della Giustizia prevede il potenziamento del nostro sistema dell'esecuzione penale esterna, con la nascita di un nuovo dipartimento, si dovrà necessariamente procedere ad una nuova organizzazione del lavoro che interessa anche il personale di Polizia Penitenziaria già presente negli UEPE ma con compiti peculiari quali lo SDI. In un sistema in cui diventa preminente l'esecuzione penale esterna riteniamo funzionale, in una visione di organicità di sistema ed in un'ottica di sinergie professionali che tendono allo stesso obiettivo istituzionale, che i controlli, verifica di presenza, attualmente demandati alle forze di Polizia, siano svolti dal personale di Polizia Penitenziaria, quale Polizia cui istituzionalmente è affidato il compito di sicurezza nell'ambito dell'esecuzione penale.

Questo non significa sostituirsi al ruolo ed alle competenze operative e funzionali della professionalità di servizio sociale, cui la norma demanda specifici interventi e funzioni sia inerenti le misure alternative alla detenzione, ossia di esecuzione penale, sia inerenti le sanzioni sostitutive quali il lavoro di pubblica utilità, sia inerenti la messa alla prova per adulti, che si contraddistingue per non essere giuridicamente esecuzione penale. In tale ottica l'assetto organizzativo del settore dell'esecuzione penale esterna potrebbe prevedere un presidio affidato al corpo di Polizia Penitenziaria con delineate e specifiche competenze, in cui il suddetto personale, coordinato da un funzionario del Corpo, possa svolgere le proprie mansioni di Agente di Pubblica Sicurezza e di Ufficiale o Agente di Polizia Giudiziaria. Ovviamente l'assunzione di nuovi compiti non può avvenire senza l'assunzione di personale. Il Corpo di Polizia Penitenziaria è già carente di circa 7000 unità e tale carenza è destinata ad aumentare a causa del blocco del turn over. Per assumere nuovi compiti sarà necessario colmare tale carenza ed incrementare la pianta organica in proporzioneall'entità dei nuovi carichi di lavoro. L'assunzione di nuove e specifiche funzioni e competenze non potrà ovviamente prescindere da un opportuno intervento formativo finalizzato non solo alla conoscenza dei compiti istituzionali demandati alle altre professionalità con le quali dovrà interagire, ma anche dei contesti territoriali ove si esplicherà il suo naturale intervento istituzionale. Per quanto riguarda il personale già in servizio, a parere della FP CGIL è necessario procedere ad un'operazione di verifica delle risorse umane a disposizione, recuperando quelle utilizzate in luoghi di lavoro in cui normativamente non è prevista la presenza della Polizia Penitenziaria e questo non potrà essere fatto se non si procede celermente alla definizione delle piante organiche del personale di Polizia Penitenziaria delle sedi extra moenia.

a cura del coordinamento nazionale DAP- Ministeri FPCGIL e FPCGIL Polizia Penitenziaria


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