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Osservazioni Si.Di.Pe. allo schema di Decreto ministeriale relativo al nuovo Dipartimentoper la Gius


Osservazioni Si.Di.Pe. allo schema di Decreto ministeriale relativo al nuovo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità istituito dall’art.7 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 giugno 2015 n. 84 recante "Regolamento di riorganizzazione del Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche". Con riferimento alla nota Prot. m_dg.GAB. n.0039783.U del 23 ottobre 2015 di Codesto Gabinetto, con la quale è stato trasmesso alle Organizzazioni Sindacali lo schema di Decreto del Ministero della Giustizia concernente l’individuazione preso il Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità degli uffici di livello dirigenziale non generale, la definizione dei relativi ambiti territoriali ai sensi del articolo 16, commi 1 e 2. del Decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 15 Giugno 2015 n. 84, si rassegnano con la presente le osservazioni di questa organizzazione sindacale. Si premette che il Si.Di.Pe. – il sindacato più rappresentativo1 del personale di diritto pubblico appartenente alla Carriera Dirigenziale penitenziaria dei ruoli di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna- ha già a suo tempo argomentato in merito alla scelta di accorpare nel nuovo Dipartimento di Giustizia Minorile e di Comunità delle competenze in materia di esecuzione penale esterna già attribuite al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. A riguardo, quindi, si fa rinvio alla precorsa corrispondenza2. Tuttavia, deve oggi rilevarsi che a fronte di tale scelta politica e strategica, oramai tesaurizzata nell’ordinamento giuridico con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 148 del 29 giugno 2015 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 giugno 2015 n. 84 recante "Regolamento di riorganizzazione del Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche", lo schema di decreto ministeriale proposto, e che da essa trae origine, costituisce nel suo complesso un sistema organizzativo coerente e, forse, l’unico possibile, al di là degli aggiustamenti che pure in itinere saranno sicuramente necessari, attraverso ulteriori decreti ministeriali, posta la profonda diversità tra i due mondi che si è inteso riunire sotto un unico dipartimento. È comunque indubbio che lo schema trasmesso, pur coerente alla scelta operata con l’approvazione del d.P.C.M. 84/2015, tuttavia non risolve alcune questioni di fondo. Resta, infatti, che l’articolo 30 della Legge n. 395/90, continua a prevedere che sia il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che “provvede, secondo le direttive e gli ordini del Ministro di grazia e giustizia: a) all'attuazione della politica dell'ordine e della sicurezza degli istituti e servizi penitenziari e del trattamento dei detenuti e degli internati, nonché dei condannati ed internati ammessi a fruire delle misure alternative alla detenzione; b) al coordinamento tecnico-operativo e alla direzione e amministrazione del

________________________________________________________ 1 Decreto del Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione del 20 dicembre 2013 di individuazione delle organizzazioni sindacali rappresentative del personale della carriera dirigenziale penitenziaria, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.23 del 29 gennaio 2014 2 Per tutta la corrispondenza a riguardo si rimanda alla nota del Si.Di.Pe. Prot. n.268/T/14.84 del 27 ottobre 2014, diretta al Signor Ministro della Giustizia Andrea Orlando e avente ad oggetto ”Regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia e riduzione degli Uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche del Ministero della Giustizia".

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personale penitenziario, nonché al coordinamento tecnico-operativo del predetto personale e dei collaboratori esterni dell'Amministrazione“ mentre con lo schema di decreto ministeriale in esame si cancellano, a livello periferico, le corrispondenti competenze attribuite ai Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria dal D.Lgs. 30-10-1992 n. 444 recante le “ Attribuzioni degli organi centrali dell'Amministrazione penitenziaria e decentramento di attribuzioni ai provveditorati regionali dell'Amministrazione penitenziaria ed agli istituti e servizi penitenziari, a norma dell'art. 30, comma 4, lettere a) e b), della legge 15 dicembre 1990, n. 395.” . Tale decreto ( artt. 2 e segg.) attribuiva, infatti, ai Provveditorati specifiche competenze in materia di gestione, di formazione e aggiornamento del personale di servizio sociale, di rapporti con gli enti locali, le regioni ed il Servizio sanitario nazionale, nonché di misure alternative alla detenzione e di gestione contabile e finanziaria dei servizi sociali dipendenti (oggi uffici di esecuzione penale esterna, per effetto dell’art.3 della L. 27 luglio 2005, n. 154 “Delega al governo per la disciplina dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria”). Resta tuttora vigente, inoltre, l’art. 3 del D.P.R. n. 230/2000 che prevede che alla direzione dei centri di servizio sociale (oggi uffici di esecuzione penale esterna) è preposto personale del corrispondente ruolo dell'amministrazione penitenziaria e che il direttore dell’ufficio di esecuzione penale esterna risponde dell'esercizio delle sue attribuzioni al Provveditore Regionale e al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Mentre il successivo articolo 4, al fine di garantire l’integrazione ed il coordinamento degli interventi di tutti gli operatori dispone che gli istituti penitenziari e gli uffici di esecuzione penale esterna, dislocati in ciascun ambito regionale, costituiscono un complesso operativo unitario, i cui programmi sono organizzati e svolti con riferimento alle risorse della comunità locale; i direttori degli istituti e degli uffici di esecuzione penale esterna indicono apposite e periodiche conferenze di servizio. A tal fine la norma in esame prevede ancora che siano il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ed i Provveditori Regionali del D.A.P. ad adottare le opportune iniziative per promuovere il coordinamento operativo rispettivamente a livello nazionale e regionale. Tali norme, quand’anche si ritengano superate per effetto dell’entrata in vigore del d.P.C.M. 84/2015, inteso quale strumento di una complessa attività di delegificazione, a fronte dello schema di decreto proposto evidenziano l’obiettiva assenza di un organo regionale di coordinamento, indirizzo e controllo quale era il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e quale, suo malgrado, non può essere l’U.E.P.E. interdistrettuale, anche per il differente peso che possiede organizzativamente un ufficio periferico di livello dirigenziale generale al quale fanno capo risorse umane, strumentali e finanziarie ben più importanti. Irrisolto rimane, anche, il problema posto dalla Legge n. 154/2005 che disciplina la carriera dirigenziale penitenziaria, prevedendo la stessa la presenza di un unico livello dirigenziale apicale nel quale convergono i due diversi ruoli, di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna. I dirigenti di esecuzione penale esterna appartengono, infatti, alla carriera dirigenziale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, carriera che è disciplinata dal D.Lgs. 15 febbraio 2006 n. 63 recante “Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, a norma della L. 27 luglio 2005, n. 154” . Peraltro, come è noto, in considerazione della particolare natura delle funzioni esercitate dal personale appartenente alla carriera dirigenziale penitenziaria, il relativo rapporto di lavoro è riconosciuto come rapporto di diritto pubblico, a differenza di quanto previsto per i dirigenti di I e II fascia di tutti gli altri Dipartimenti del Ministero della Giustizia. Questa differenza di status delle due dirigenze pone il problema della convivenza in un unico Dipartimento della minoritaria dirigenza di diritto privato con la più numerosa dirigenza di diritto pubblico del ruolo di esecuzione penale esterna, che transiterà al nuovo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità. Quest’ultima dirigenza appartiene a pieno titolo alla carriera dirigenziale penitenziaria di cui al D.Lgs. n.63/2006, carriera per la quale il legislatore, con la recente riforma Madia della dirigenza pubblica3, ha confermato la scelta di mantenerla nell'alveo della dirigenza statale di diritto pubblico, escludendola dal neocostituito ruolo unico della dirigenza dello Stato e, quindi, così rafforzandone lo status e il carattere pubblicistico delle funzioni. Per queste ragioni sarebbe quanto mai opportuno inserire nelle premesse del Decreto Ministeriale il richiamo al precitato D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 63. Infine, come era stato preconizzato da questa organizzazione sindacale, non è stato possibile creare per il neo Dipartimento per la Giustizia minorile e di Comunità degli uffici regionali unici di coordinamento, essendo impossibile attribuire ai Centri per la Giustizia Minorile le competenze di coordinamento e di direzione degli U.E.P.E., dal momento che l’articolo 7 del D.Lgs. 28-7-1989 n. 272 recante le “Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni” attribuisce ai Centri per la Giustizia Minorile esclusivamente le competenze già esercitate dai Centri di Rieducazione dei Minorenni istituiti dal D.P.R. 28/06/1955 n. 1538 e quelle introdotte dallo stesso art.7. Pertanto, nelle premesse del Decreto Ministeriale sarebbe opportuno inserire anche il richiamo al D.P.R. 28/06/1955 n. 1538, che tuttora disciplina le funzioni dei Centri per la Giustizia Minorile, anche dal punto di vista amministrativo-contabile. In conclusione, confidiamo che si possano trovare, in prospettiva ma in tempi ragionevoli, le più adeguate soluzioni ai problemi che pure esistono. Siamo, tuttavia, fiduciosi perché, come ha dichiarato già il Ministro della Giustizia lo scorso 29 ottobre in occasione della presentazione del nuovo Dipartimento, “Abbiamo costruito l'impalcatura, ora va implementata con interventi normativi. Avendo la cortezza di procedere un passo alla volta". Infatti anche noi riteniamo, come il Guardasigilli, che "Sperimentare si può anche se possono determinarsi incomprensioni o cortocircuiti, sperimentare è risorsa fondamentale che non risponde solo al minorile ma anche all'esecuzione esterna e poi all'intero Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Sul fronte della giurisdizione dobbiamo operare per costruire un sistema a maggiore specializzazione, che raccolga l'esperienza del minorile e la trasferisca". Per questa ragione, però, riteniamo fondamentale e imprescindibile che nel processo di riforma trovi adeguato ed effettivo spazio il confronto con le organizzazioni sindacali, che rappresentano quel personale sul quale fa carico l’effettivo peso della concretizzazione della riforma. Conseguentemente, come è naturale, il Si.Di.Pe. continuerà a seguire con attenzione gli sviluppi della questione e non mancherà di continuare a fornire il proprio contributo, a salvaguardia degli interessi della categoria anche al fine di concorrere al perseguimento della migliore funzionalità possibile del nuovo modello organizzativo. Cordiali saluti. Il Segretario Nazionale Rosario Tortorella


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