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USSP POLIZIA PENITENZIARIA AUDIZIONE STATI GENERALI DELL’ESECUZIONE PENALE Ministero della Giustizia



OGGETTO : CONTRIBUTO TAVOLO 15 - Operatori penitenziari e formazione PREMESSA I quesiti di interesse sottoposti a questa O.S. sono di particolare rilievo dal punto di vista teorico e pratico. Al fine, però, di evitare che si ragioni di questioni astratte, nell’appunto derivante dai lavori del tavolo, pur nelle evidenti voci dissonanti su quello che potrà essere il futuro del Corpo di Polizia Penitenziaria, l’unico dato certo è l’assenza di qualsivoglia riferimento alle risorse necessarie a realizzare qualunque cosa. Ciò che sarebbe interessante esaminare perché le idee possano apparire realizzabili attraverso concreti piani operativi di riforma, è un piano di spesa anche decennale necessario a realizzarle. Il disegno di una nuova Amministrazione Penitenziaria non può prescindere da un ripensamento generale nell’impiego delle varie professionalità tecniche in essa oggi divise da tipologie contrattuali che ne tracciano le distanze, rendendo disomogenea la gestione del sistema penitenziario senza offrire opportunità di sbocchi professionali adeguati per alcuna delle figure interessate. Mentre si rinvia il pensiero più articolato dell’USPP alla relazione presentata nel corso dei lavori del Consiglio Nazionale tenutosi nel decennale della costituzione di questa organizzazione sindacale (allegato 1) si risponde di seguito ai quesiti proposti. IL PRESIDENTE Dr. Giuseppe Moretti


Quesito n. 1

Quali sono, a vostro giudizio, le maggiori problematiche che hanno attualmente

un’incidenza negativa nei confronti del personale penitenziario ?

In primo luogo, questa O.S. evidenzia una certa confusione nella articolazione delle

varie componenti del personale dipendente dall’Amministrazione Penitenziaria, specie con riferimento alla annosa ed irrisolta dipendenza della Polizia Penitenziaria da un soggetto non proveniente dalla carriera di Polizia.

Tale dato è stato percepito in maniera fin troppo evidente dai funzionari del Corpo

di Polizia Penitenziaria che hanno frequentato i vari corsi presso la Scuola Interforze.

Un’attività di coordinamento tra forze di Polizia, rispetto alla quale «l’attore» di

riferimento dell’Amministrazione Penitenziaria (il direttore) non possiede una omogenea

e corretta qualificazione, diventa problematica e oltremodo complicata.

Non solo, ma anche l’impressione negativa (in ragione della confusione

organizzativa citata) che i frequentanti e i docenti hanno dell’organizzazione dell’Amministrazione Penitenziaria (non anche degli appartenenti al Corpo, risultati a quanto consta sempre primi o tra i primi ai corsi in questione) ridonda in danno della Polizia Penitenziaria.

Sinteticamente, quindi, va risolta la dicotomia in termini dirigenziali, con un atto di coraggio che istituisca un ruolo ad esaurimento a cui far accedere la categoria dei direttori (oramai in estinzione per consunzione), visto che ognuno regge solitamente almeno due istituti, rimettendo la gestione degli istituti (come già operativamente accade) ai funzionari del Corpo. Una linea di comando precisa consente di avere chiarezza organizzativa e operativa.

Ovviamente, la carenza di personale, risolta “artigianalmente” con il modello della sorveglianza dinamica e con una gestione opinabile delle traduzioni e dei piantonamenti, avallata con il modello operativo, si riflette inevitabilmente sul personale aumentandone il disagio. Dover coprire contestualmente due/tre piani detentivi di fatto non consente di fare alcuna opera di vigilanza o prevenzione degli eventi suicidiari, specie se si considera la propagandata presenza (e di fatto assenza) dei sistemi di videosorveglianza.

La confusione normativa ed il senso di abbandono che si percepisce a causa del blocco del contratto e dello stallo dell’accordo quadro, la mancata armonizzazione pensionistica, la circostanza che i fatti di “casa propria” siano appresi dai rappresentanti delle altre forze di polizia incide negativamente sul Corpo.

Sotto l’aspetto squisitamente tecnico in ordine al quesito si rilevano principalmente tre questioni che hanno una rilevante incidenza sul personale: il primo di carattere economico, il secondo relativo ad una percezione positiva delle proprie mansioni, il terzo legato alla persona.

Nel primo caso il blocco stipendiale sta influendo negativamente sul personale che

ritiene che il salario percepito non sia confacente al tipo di attività lavorativa eseguita.

Infatti, il personale ritiene che a fronte di una tipologia di lavoro che lo vede

impiegato in turnazioni H24 anche nei giorni festivi con il rischio di essere oggetto di aggressioni o di dover sostenere grandi pressioni psicologiche dovute al particolare compito di gestione dell'utenza detenuta lo stipendio non sia adeguato.

Auspica sicuramente una riduzione della pressione fiscale ma soprattutto un aumento corposo delle indennità accessorie quali ad esempio, presenze, straordinari e servizi di missione (le tabelle di queste ultime sono ferme agli anni 1980).

Relativamente alle mansioni allo stato attuale la percezione è negativa, seppur l'Amministrazione nel tempo si è sforzata attraverso corsi di formazione di far percepire i compiti della Polizia Penitenziaria come importanti e fondamentali, lo sforzo è stato vano.

Ad oggi se si affronta il discorso col personale, lo stesso ritiene in maniera negativa di essersi arruolato per aprire o chiudere una cella o per effettuare un servizio radiotaxi (nel caso di servizio svolto presso gli NTP).

Tale percezione è dovuta sopratutto ad un atteggiamento da ritenere troppo passivo dell'Amministrazione, specie allorquando insorgano eventi critici che vedono il personale di Polizia Penitenziaria attore passivo e spesso vittima degli stessi.

La Legge di riforma del 1990, ha previsto una parte attiva della Polizia Penitenziaria nella fase del trattamento dell'utenza detenuta.

Oggi quella parte attiva non è percepita dal personale poiché lo stesso non percepisce assolutamente i risultati del proprio lavoro.

Si pensi ad esempio ai rapporti disciplinari elevati a carico dell'utenza, nessuno realmente sa a cosa servono e che cosa succede realmente alla persona detenuta che ha avuto un comportamento non consono alle regole dell'istituto.

Lo stesso dicasi per i servizi T.P., ove molto spesso il personale è avvilito dal tipo di

servizio richiesto all'Amministrazione.

Siamo ad esempio a conoscenza di casi ove è stata inviata una scorta per prelevare

un detenuto agli AA.DD. per essere accompagnato dal dentista oppure si prenda in esame il caso unico di Roma ove presso il Tribunale il personale di Polizia Penitenziaria deve provvedere alle traduzioni di soggetti provenienti dalla libertà e sottoposti a misura detentiva, non perchè la norma lo preveda ma perché è in essere un accordo scellerato trail Provveditorato ed il Tribunale che ancora oggi rimane in essere senza che l'Amministrazione riesca a riportare la legalità.

In ultimo "l'io". Oggi il personale della Polizia Penitenziaria, ritiene che l'Amministrazione non ponga attenzione a quelle problematiche di natura personale che spesso incidono sul rendimento in servizio. Troppo spesso si viene a sapere di istanze di cambio turno rigettate senza una motivazione valida, di ferie non concesse o decurtate, di istanze di Congedo Straordinario, compreso quello per lutto non accettate e così via.

Ciò fa ritenere che vi sia una totale assenza, specie in ambito territoriale, di indicazioni atte a supportare il personale anche nella vita al di fuori dell'Istituto.

Riteniamo che un personale sereno può anche essere maggiormente motivato.

Quesito n. 2

Quali sono le innovazioni che possono concretamente migliorare la condizione lavorativa, lo status e le opportunità di carriera del personale penitenziario ?

Una sola parola “RIORDINO”. Per comprendere l’importanza di tale provvedimento che occorre non solo per dare il corretto inquadramento giuridico/economico al personale si fa un esempio sull’attuale prassi organizzativa:

nonostante la normativa vigente preveda che all’atto dell’ingresso il detenuto sia perquisito alla presenza di un operatore avente qualifica non inferiore a vice sovrintendente, specie di notte la massima autorità presente in Istituto è un coraggioso assistente capo, catapultato da avere funzioni puramente esecutive a governare istituti medio grandi, spesso non in grado di affrontare in modo corretto le problematiche che si presentano alla propria attenzione.

Sarebbe semplice prevedere quindi i ruoli aperti così da evitare questo tipo di difficoltà. Inutile evidenziare l’assurdità connessa a procedure concorsuali avviate e mai concluse (si pensi ai vari concorsi da vice ispettori), sebbene ciò non debba destare meraviglia, avendo l’A.P. il record mondiale per la durata di un concorso pubblico (10 anni per il terzo concorso per vice commissari in prova).

A tale questione si abbina, poi, quella relativa agli avanzamenti del personale e alla mobilità, specie delle carriere apicali, gestiti in modo non codificato.Varie volte ed in altre occasioni abbiamo evidenziato la necessità di addivenire ad una ripulitura della normativa applicabile al Corpo di Polizia Penitenziaria e non ci dilungheremo oltre.

Le innovazioni che possono sicuramente dare una svolta al Corpo di Polizia Penitenziaria sono molteplici, ma possono essere riassunte così:

a) Innovazione Tecnologica: Per migliorare l'attività lavorativa bisogna implementare la tecnologia all'interno degli II.PP., bisogna automatizzare i cancelli, implementare le sale regie e quindi gli impianti di video sorveglianza, prevedendo le riprese anche all'interno delle camere detentive. Il servizio di sorveglianza deve uscire dalla concezione di posto di servizio e deve essere organizzato sul modello di pattuglia a piedi, gli Istituti debbono essere organizzati in "monocircuiti penitenziari" così che all'interno di una singola struttura non possano esserci contemporaneamente A.S., 41 bis O.P., comuni, Protetti, etc. etc. etc.; Per i servizi di traduzione vanno garantiti mezzi adeguati ed efficienti alle esigenze reali dei Nuclei;

b) Innovazione Normativa: riteniamo che a distanza di 25 anni la partecipazione della

Polizia Penitenziaria al trattamento sia stato un vero fallimento. Occorre virare su un progetto che porti ad una Polizia dell'esecuzione penale e quindi su una Polizia a cuiaffidare in concreto le esecuzioni delle misure restrittive della libertà personale intra ed extra muraria (si rinvia alla relazione allegata per una più ampia descrizione di come vorremmo fosse gestito tale delicato compito a superamento di altri ormai antiquati e superabili dalla tecnologia di cui si parlava al precedente punto a). La competenza deve necessariamente partire dalla notifica di un O.C.C.C. e/o di un Ordine di Esecuzione Pena o di Misura di Sicurezza ivi compresi quelli internazionali. Per questo è auspicabile un ingresso qualificato del Corpo all'interno sia D.N.A., D.I.A., D.D.A., Procure, Interpol. Ciò porterebbe ad un primo esempio di separazione delle competenze tra forze di polizia con la creazione di un Corpo di Polizia con reali funzioni specifiche. Tali funzioni specifiche si concretizzerebbero in un'attività di controllo delle misure irrogate sia che siano detentive sia che siano non detentive. Tali innovazioni, anche partendo da punto sub a) debbono necessariamente portare alla rivisitazione del reato di colpa del custode e all'introduzione di reati specifici quali potrebbero essere quelli di oltraggio, resistenza e lesioni a P.U., compiuti in ambito penitenziario;

c) Innovazione Ordinamentale del Corpo: Una Polizia dell'Esecuzione Penale o come si prospetta di Giustizia, non ha certamente bisogno di essere gestita dai Direttori Penitenziari, quindi è auspicabile un'apertura alla carriera dirigenziale degli attuali Commissari del Corpo così come sempre per il ruolo dei Commissari sarebbe utile introdurre anche il passaggio alla qualifica superiore per anzianità, riteniamo sia giusto aprire il ruolo Agenti/Assistenti al ruolo dei Sovrintendenti, ma riteniamo giusto che al personale del ruolo dei Sovrintendenti che ha avuto accesso alla qualifica mediante concorso vada riconosciuta la medesima possibilità, mediante accesso ad un ruolo speciale degli Ispettori, ove potranno ricoprire la qualifica massima di Ispettore Capo. Altresì, il futuro Corpo, al pari degli altri dovrà essere dotato di specializzazioni specifiche e adeguatamente retribuite. Si deve partire dai Ruoli Tecnici (figure di medico per il personale, veterinario, banca dati DNA, Polizia Scientifica dedicata alle indagini per reati gravi commessi all'interno degli II.PP.), Servizio Traduzioni e Piantonamenti, Servizio Minori e di Comunità, Servizio cinofili, Servizio di Trasporto Aereo e Marittimo, Servizio Matricola. Ma il maggiore salto di qualità sarebbe quello di integrare le varie aree tecnico amministrative in un unico Corpo di Giustizia dove il superamento delle divisioni contrattuali gioverebbe ad una più omogenea conduzione del sistema giustizia.

Quesito n. 3

Ritenete utile che l’attuale processo riformatore debba limitarsi ad intervenire sui singoli aspetti riguardanti le singole categorie professionali ovvero dar luogo ad un’azione riformatrice che istituisca un nuovo Corpo di Giustizia ?

La seconda ipotesi contenuta nel quesito cui si risponde comporta un si convinto.

Le motivazioni sono molteplici ma soprattutto perché i precedenti progetti sono assolutamente naufragati.

Si pensi al fatto che il Corpo di Polizia Penitenziaria rispetto agli altri è il più riformato del sistema.

Si parte dal 1873 con l'Istituzione del Corpo delle Guardie Carcerarie, passando per il 1890 con l'Istituzione del glorioso Corpo degli Agenti di Custodia per finire al 1990 con la creazione del Corpo della Polizia Penitenziaria. Ciò a causa del preteso concetto di umanizzazione della pena, che in realtà non ha nulla di umano. Una pena detentiva va ritenuta per quello che è ovvero una giusta punizione per coloro che in libertà commettono atti antigiuridici e quindi è necessario avere un Corpo di Giustizia ovvero una Polizia dell'esecuzione penale che rappresenti lo Stato che punisce il reo senza punire la persona “afflittivamente” sotto l’aspetto della propria dignità umana. Questa O.S. in tempi non sospetti ha auspicato la creazione del Corpo di Polizia dell’Esecuzione Penale, condividendosi una gran parte delle riflessioni dell’appunto pervenuto.

Già nel 2006 l’allora Pres. del trib. di Sorveglianza, la dott.ssa Di Giovanni, lanciò l’idea immediatamente raccolta da questa Organizzazione sindacale che nel 2007 promosse un’apposita campagna e dibattiti da allora sempre più specifici.

La rilanciamo tutt’oggi anche se ciò dovesse voler dire l’eutanasia del Corpo di Polizia Penitenziaria, rinato, modella fenice, in un nuovo organismo che accolga anche chi tecnicamente si occupa di esecuzione penale (educatori, contabili, assistenti sociali…).

Sul punto si sente la necessità di chiedere al Tavolo se è stato ascoltato o se verrà ascoltato anche il Dott. Nicola Gratteri, che pare abbia già presentato al Presidente Renzi una interessante proposta, dai contenuti però ignoti e che piacerebbe conoscere ufficialmente. Si è del parere, quindi, che qualunque intervento di semplice modifica non risolva le vistose aporie normative in materia.

Quesito n. 4

Come giudicate lo stato di attuazione del nuovo modello di sorveglianza dinamica, con particolare riferimento alle problematiche concernenti il personale: quali criticità e quali possibili soluzioni ?

Il giudizio al momento non può essere che negativo, poiché il nuovo Modello è percepito come una soluzione volta al mero superamento della carenza organica del Corpo che non consente di assicurare adeguata copertura dei posti di servizio tradizionali.

Vieppiù che ad oggi l’aumento esponenziale degli eventi critici quali aggressioni tra detenuti e soprattutto in danno degli agenti non vengono affrontati in modo omogeneo sul territorio determinando uno sbilanciamento verso una anarchia gestionale che varia da sede penitenziaria a sede penitenziaria.

Come specificato alla domanda n° 2 punto sub a) è sicuramente il modello del futuro ma inapplicabile se non vi è un forte investimento sulla tecnologia e su un’opera di adeguamento delle strutture penitenziarie. Il presupposto della Sorveglianza Dinamica sta anche nell'opera di responsabilizzazione dell'utenza che non relegata più all'interno delle camere detentive per la maggior parte del tempo avrebbe maggiore libertà di movimento. Seppur isolati vi è la consapevolezza dell’esistenza di una escalation di gravi conflitti tra detenuti che hanno portato a conseguenze serie.

In tale ottica quindi vi deve essere l'assoluta necessità di mettere il personale del Corpo nelle condizioni di operare una concreta attività preventiva ma soprattutto di prevedere una nuova serie di norme non solo a carattere amministrativo ma anche penale che puniscano adeguatamente gli autori di certi gesti, mantenendo alta quella funzione deterrente necessaria a mantenere la gestione del sistema.

Nella incertezza di un omogeneo modello operativo tale condizione lavorativa si

traduce in benefici effetti sul carico di lavoro del personale in strutture tecnologicamente avanzate.

Quesito n. 5

Con quali modalità ritenete debba essere previsto il coinvolgimento della Polizia Penitenziaria nelle misure alternative (compresa la messa alla prova) extramurarie ?

Alla U.S.P.P. sulla scorta delle indicazioni ricevute nei molteplici incontri sul territorio, piacerebbe, come detto, il coinvolgimento della Polizia Penitenziaria, o di quella che sarà, nell’esecuzione penale esterna, su cui si ragiona già dal 2007 (piace anche ricordare sul punto lo svolgimento di un convegno presso l’ISSP a dicembre del 2007, i cui atti sono stati riversati in un volume custodito presso la biblioteca del DAP).

Così come scritto in precedenza, si deve andare verso una Polizia dell'Esecuzione Penale, quindi il Corpo deve principalmente occuparsi di verificare che i soggetti sottoposti a misura rispettino adeguatamente gli obblighi previsti dalla misura stessa.

In tale quadro, sarebbe opportuno creare dei commissariati di Polizia Penitenziaria direttamente collegati con la Magistratura di Sorveglianza competente per territorio e chiaramente con i C.G.M. ovvero con quegli Uffici del DGMC che si occuperanno delle misure alternative.

Anche in questo caso il Corpo dovrà essere totalmente indipendente dalle intromissioni delle altre figure professionali che gravitano e decidono in tema di misure alternative.

Spiace, però, ritornare in ultimo sul capitolo “risorse”, nel senso che non si va da nessuna parte se questo tavolo non associa alle pur commendevoli idee il profilo finanziario.


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